Referendum e ricatto

La data del Referendum, cosa si intende per ricatto
di Sandro Orlando

In questi ultimi giorni mi sono preso la briga di condurre un privatissimo sondaggio fra conoscenti, colleghi e amici per vedere cosa ne pensassero di tutta la querelle riguardante la data del referendum e quanti di essi avessero una minima conoscenza dei quesiti referendari.
Non sono rimasto particolarmente sorpreso dal fatto che la stragrande maggioranza di essi non sa di cosa tratta il referendum. Questa stessa stragrande maggioranza si dichiara altresì scandalizzata dal presunto ed ennesimo ricatto imposto da Umberto Bossi al Cavaliere. Su quali basi, non è dato saperlo.

Non ho intenzione di mettere giù un pippone riguardante la scarsa partecipazione politica o lo scarso senso civico dell’italiano medio, anche perché non sento di essere nella posizione per poterlo fare. Non voto alle politiche da due “tornate” quindi non sono proprio il classico prototipo del cittadino rispettoso e osservante dei propri diritti/doveri politici. Sono anche particolarmente infastidito dal reiterato ricorso al referendum, innanzitutto perché dissento dal suo carattere esclusivamente abrogativo – che notoriamente espone il risultato alle successive manipolazioni politiche e partitiche – e secondariamente perché resto convinto che l’italiano venga interpellato a mezzo quesito referendario troppo spesso e, in almeno un 80% dei casi, per questioni che dovrebbero essere tranquillamente e doverosamente asciugate in sede parlamentare.
Non sono nemmeno particolarmente entusiasmato dalla discussione riguardante lo spreco dei 300 o 400 milioni di Euro nel caso non ci sia il fantomatico “election day”. E’ vero che in tempi di crisi, con le lacrime ancora fresche per 300 morti in un terremoto, ogni centino di Euro è oro. Tuttavia trovo – è proprio una sensazione a pelle della quale mi scuso preventivamente con chi mi legge – un po’ moralistico e ipocrita montare questa polemica tutta indirizzata allo stomaco degli italiani e all’emozione suscitata dalla tragedia del 6 aprile. Lo trovo un po’ becero.
Fatta questa premessa e accertato dunque il mio notorio cinismo, ricordato a tutti ancora una volta che come si usava dire una volta la politica è “sangue e merda”, torniamo alla questione referendaria. Se non la approfondiamo un minimo, sarà inutile sostenere che Bossi sia un ricattatore, affermazione di per sè vuota di significato e anche un po’ cialtrona se proferita anche a mezzo stampa da un area politica che ha fatto del ricatto il principale strumento di interlocuzione con Romano Prodi, per ben due legislature.
Il promotori del Referendum si sono posti l’obiettivo di andare oltre la famigerata legge 270 – passata agli annali come “la porcata” così come definita dal Ministro Calderoli – cioè quella diabolica trappola che, approntata all’immediata vigilia delle elezioni 2006 dal Governo uscente, concesse a Romano Prodi una vittoria risicatissima ed una maggioranza fragile.
Nella sostanza si vuole eliminare il premio di maggioranza che viene in prima battuta concesso alla coalizione vincente, e quindi proporzionalmente ridistribuito fra i partiti e partitini che a quella coalizione hanno aderito.
I referendari vogliono che il premio venga concesso direttamente alla lista vincente e non alla coalizione. In questo modo si vuole evitare che le coalizioni continuino ad avere il carattere di meri cartelli elettorali più spesso costituiti “contro qualcuno” piuttosto che “pro qualcosa”.
Si vuole evitare che piccolissimi partiti incapaci di superare le soglie di sbarramento, lo riescano a fare trainati proprio dalla redistribuzione di quel premio di coalizione. Si vuole infine evitare che piccole formazioni, vincenti entro il contesto della coalizione elettorale, si vadano a disgiungere in gruppi autonomi il giorno dopo aver vinto le elezioni e comincino per l’appunto a ricattare la maggioranza di governo e il Premier in barba a tutti i documenti e programmi firmati all’inizio della campagna elettorale.
Stiamo cioè parlando di scenari reali, già accaduti e in corso di accadimento, che hanno riguardato entrambi gli schieramenti.
Il Referendum intende condurre a uno scenario politico entro il quale, sulla base di un sistema proporzionale, il partito che vince viene posto nelle condizioni di governare a prescindere dalla solidità della coalizione che va a formare il Governo e della lealtà dei partiti che di quella coalizione vanno a far parte.
Il PDL è appena costituito, il grande partito unico della destra moderata (?) italiana sarebbe una realtà ben oltre il 40% dei consensi nei propositi e nelle ambizioni di Berlusconi e Fini. Sull’altro versante il PD annaspa su una ipotetica e misera soglia del 20%, ma è ragionevole pensare che il giorno in cui dovesse uscire da questa tremenda crisi post-Veltroniana e recuperato un minimo di smalto, potrebbe tranquillamente aspirare al 30% e al confronto diretto col PDL.
Lo scenario quindi diventerebbe non più bi-polare, bensì tendenzialmente – ma non necessariamente – bi-partitico e la differenza non è da poco.
Fini è fra i firmatari del Referendum, Berlusconi come suo solito non ha preso posizione e probabilmente non la prenderà, ma è ragionevole pensare che guardi con favore al suo successo. Nel PD, o meglio nella sua componente più riformista, il Referendum è visto ugualmente con favore.
E ovvio che siano contrari i piccoli partiti e quelli di medie dimensioni che ambiscano a essere ago della bilancia se non addirittura a praticare l’antica arte dei due forni che per almeno due decenni praticò abilmente a livello locale il PSI di Bettino Craxi e che ora trova nell’UDC di Casini uno dei maggiori propugnatori.
Cerchiamo allora di intenderci bene: per Bossi il Referendum è una pistola puntata alla tempia, è l’epilogo della capitalizzazione dell’alleanza con il Cavaliere, è la fine della rendita di posizione e dell’imposizione di temi particolari nell’agenda di Governo a dispetto di un consenso eletorrale non propriamente a doppia cifra.
Lo vogliamo chiamare ricatto? A me sembra che si tratti invece di semplice e naturale istinto di conservazione e sopravvivenza politica e non ci vedo nulla di scandaloso in questo. Non dimentichiamo che la Lega – che piaccia o meno e a me sicuramente piace molto poco – rappresenta qualche milione di italiani con le proprie rispettabili idee politiche.
Votare il referendum nello stesso giorno delle europee significa per i partiti poter condurre il proprio elettorato politico a fare una scelta che allinei la preferenza al partito alla posizione che quello stesso partito avrà espresso a riguardo del Referendum. Se diamo per ragionevolmente scontato che sia PDL che PD daranno un’espressa o tacita indicazione per il "sì", si prospetterebbe una base di favore al Referendum non inferiore al 60-65% dei votanti. Ovvero i partiti, in senso generale, che con successo hanno per anni boicottato i Referendum promuovendo l’astensionismo e il mancato raggiungimento del quorum, potrebbero essere questa volta i principali artefici di un successo referendario.
Amara realtà direi, ma tristemente concreta, con buona pace dei referendari di tutte le generazioni: i referendum non passano senza l’appoggio della politica dei partiti.
Su queste solide premesse, sia il quorum che la maggioranza dei votanti sarebbero a portata quasi certa e il Referendum passerebbe. Il nuovo sistema elettorale sancirebbe la morte politica, per lo meno a livello parlamentare di estrema destra e di estrema sinistra – già più morte che vive -, il coma profondo per componenti ambientalistiche e un potente ridimensionamento della capacità di interdizione concessa oggi a Lega, Italia dei Valori e UDC.
Non si trascurerà il fatto che in alcune Regioni si sta già facendo qualche timido esercizio di alleanza fra PDL e UDC con l’idea non celata di sperimentare un’integrazione più stretta fra le parti, non certo l’adesione al partito unico, ma per lo meno un abbraccio più sicuro in attesa di capire come girerà il vento.
Interessa poco sottolineare che a me personalmente il sistema bi-partitico piace se costruito su una base proporzionale che assicuri un ampio e ragionevole spettro di rappresentatività alle realtà politiche, e sottolineo il concetto di ragionevole.
Sono lieto che le piccole formazioni perdano via via capacità di interdizione e ricatto, sono molto preoccupato dal fatto che le “estreme” trovino nella piazza l’unica possibilità di espressione. E’ un tema molto delicato che andrebbe affrontato un po’ più laicamente.
Sono lieto anche nel pensare che la Lega possa un giorno smettere di imporre scelte ad una maggioranza di Governo sulla base di una risibile capacità di aggregare consenso.
Sono tuttavia molto perplesso nel sentire Bossi accusato di aver esercitato un ricatto, specialmente se non si ha una visione del quadro generale oppure se questa accusa viene mossa proprio da quei tanti che hanno perpetuamente ricattato e crocifisso Romano Prodi pur dichiarandosene alleati.